Un po’ di storia
L’impianto di produzione a caldo di acciaio di Cornigliano, lo SCI (Stabilimento Ciclo Integrale) entra in attività negli anni ’50. Prima azienda pubblica, ovvero l’Italsider, poi acquistata dal re dell’acciaio Emilio Riva, rilevandola dalla Cogea un consorzio pubblico-privato.
Nel 1999, in conseguenza di una protesta dei residenti trascinati da una forte partecipazione femminile, ne viene disposta la chiusura a seguito di una serie di indagini epidemiologiche condotte per 5 anni dai pm Vittorio Ranieri Miniati, Francesco Pinto e Francesco Cardona Albini che evidenziano quanto il numero di morti a causa dei tumori nelle vicinanze di Cornigliano sia troppo elevato e da attribuirsi all’attività dell’acciaieria.
A Cornigliano l’incidenza tumorale è superioee di 4 volte quella media cittadina e nazionale
Prima di arrivare alla chiusura definitiva e lasciare in strada 1200 operai con le loro famiglie l’allora sindaco di Genova Giuseppe Pericu chiede ai Riva di ridurre le emissioni, ma questi rispondono con un netto rifiuto all’ordinanza.
Il Gip Vincenzo Papillo firma il decreto di chiusura aI ministro per l’ambiente Willer Bordon e direttore generale del ministero Corrado Clini che si era espresso a favore della chiusura dell’area a caldo.
Il TAR blocca la proposta dei Riva di impiantare un forno elettrico poiché la zona è talmente inquinata che deve essere sospesa ogni attività industriale. Il caso di Cornigliano era talmente evidente che vi fu unanime consenso nel chiedere la chiusura dell’impianto a caldo causa accertata delle troppe morti riconducibili a esso.
I Riva imboccano la strada del ricatto occupazionale sostenendo che con la chiusura della cockeria si chiude anche lo stabilimento e che sono così costretti a mandare a casa 1200 operai. La chiusura definitiva della cockeria si avrà il 29 luglio del 2005. Grazie a politiche di salvaguardia nessuno dei lavoratori verrà poi lasciato a casa.
Parrebbe si sia finalmente capito che lavoro e salute devono camminare insieme così come salute e sicurezza vengono prima del profitto e che sviluppo e lavoro non si possono pagare con la vita, ma siamo sicuri che sarà sempre così?
Oggi sentiamo sempre di più parlare della riapertura del ciclo integrale (forno elettrico, ecc..) ed esiste il rischio reale che la storia si ripeta. Non più attraverso l’immigrazione dal sud ma con una trasformazione delle nostre case in foresterie e attività commerciali in bassi come avveniva negli anni 50 per accogliere lavoratori stranieri, vera e propria carne da macello, con un basso livello di qualifiche e retribuzioni medie annue inferiori di oltre il 30% rispetto al totale dei lavoratori.
Cornigliano dovrà quindi scegliere se prepararsi ad accogliere le eccellenze di Erzelli o gli sfruttati della nuova fabbrica.
ilcornigiotto

Rossella Carvelli
23/03/2025 at 10:09 AM
No all acciaieria