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Ma esiste davvero l’acciaio green? Di Anza

Nel cosiddetto “ciclo integrale” in altoforno si impiega infatti il carbone coke per produrre acciaio primario a partire dal minerale ferroso. È il metodo più utilizzato a livello mondiale ma è anche molto inquinante, dato che per ottenere una tonnellata di acciaio si emettono circa due tonnellate di CO2.
https://www.linkiesta.it/2024/12/i-progetti-europei-sullacciaio-verde-stanno-andando-peggio-del-previsto/

Se calcoliamo le emissioni in atmosfera di CO2 queste sono sette [volte] inferiori se produciamo con forno elettrico rispetto a produrre sempre la stessa tonnellata di acciaio con l’altoforno.”
https://www.pittini.it/pittini-risponde/che-differenza-ce-tra-altoforno-e-forno-elettrico-eaf/

Tutto bene quindi? NO. Sette volte inferiore (ovvero qualche quintale invece di un paio di tonnnellate) è un dato tale da rendere preferibile per l’ambiente la tecnologia elettrica rispetto ad un altoforno tradizionale, ma non tale da potersi definire “green” se tale tecnologia è innestata in un territorio che ha abbandonato l’acciaio da vent’anni come Cornigliano. E poi corrente elettrica (tanta corrente elettrica) generata come? grazie a Gesù? o una nuova centrale elettrica in loco? alimentata come?

E in ogni come se la passa la produzione di acciaio in Europa? Scopriamolo insieme attraverso questa testimonianza dei vecchi proprietari
“ArcelorMittal ha spiegato di aver investito sulla produzione di acciaio green in Europa sulla base di tre fattori – una regolamentazione favorevole, prezzi dell’energia competitivi e un mercato ricettivo – che tuttavia non si sono realizzati: il gas costa tanto, l’idrogeno fatica a emergere, gli acquirenti non sono granché disposti a pagare di più per l’acciaio “pulito” e le norme europee non offrono una protezione adeguata dalla Cina.”
https://www.linkiesta.it/2024/12/i-progetti-europei-sullacciaio-verde-stanno-andando-peggio-del-previsto/

Ovvero quello dell’acciaio in Europa nel 2024 è un modello di business morto e insostenibile, che al più sarebbe possibile tenere in piedi a forza, offrendo innanzitutto stipendi da fame a chi ci lavora (e importandoli da fuori come Fincantieri?).

Ricordo che la solo collina di Erzelli ancora incompleta e mezza cattedrale del deserto da sola dà lavoro a più di 2mila persone, senza far ammalare di tumore nessuno, con un consumo di suolo per lavoratore insignificante (e quindi moltiplicabile all'”infinito”), offrendo stipendi di rilievo, con un indotto notevole (mensa, guardie, riparazioni, consegne, etcc), riqualificando il territorio in cui è insediato invece di distruggerlo. Collina che tra pochi anni vedrà gravitare le oltre 8mila persone del nuovo politecnico. Il futuro di Genova passa da lì non da cadaveri industriali in putrefazione.

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